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ASTRATTA TRE

SABATO 8 MARZO 2014: Astratta Tre

Inaugurazione della mostra Astratta Tre presso la fondazione Zappettini di Chiavari


CATALOGO MOSTRA


Luce, con tutto ciò che ne consegue


Che cosa fa più clamore oggi, nel mondo dell’arte? Poco, se si eccettuano i record delle battute d’asta. Quello che c’era da provocare è stato provocato, quello che c’era da sperimentare speri-mentato, quello che c’era da sovvertire sovvertito. In questa corsa a urlare più forte, il pubblico è ormai assordato, non più capace né interessato a prestare orecchio a una voce ferma e seria o a un poetico bisbiglio. Quelli che reggono ancora l’urto dei decibel sono sempre meno, e non si può dire se questo assordamento sia reversibile o meno, se gli interessati all’arte un domani torneranno a sentire: è possibile ed è probabile, ma non certo. Nel frattempo, dare conto di ricerche artistiche più meditate, rigorose, riflessive è un’attività che non può cessare, avendo come duplice scopo in primo luogo tenere aperto il canale di comunicazione con chi è ancora in grado di intendere e in secondo luogo registrare la traccia a futura memoria di quanto sta avvenendo in questi anni lontano da palcoscenici e amplificatori. Quel che è certo è che andare a seminare nel solco tracciato dai grandi di cent’anni fa è un’attività che qualcuno si ostina a fare, con la consapevolezza di giocare in un ruolo poco appariscente nel contesto odierno, ma con l’intenzione di trovare ben altro, in questa ricerca, oltre all’approvazione o all’attenzione altrui. Per esempio, Giorgia Zanuso ha trovato la propria strada nella lezione di Kazimir Malevic, Joseph Albers, Piet Mondrian e Theo Van Doesburg, ovvero coloro che all’inizio del Novecento diedero alla geometria una nuova ragione di esistere sulla tela, recuperandone il valore simbolico di origine ancestrale e sviluppandone la possibilità non tanto di definire spazi, bensì di riferire mondi.Nelle opere di Zanuso, la geometria appare né come un fine né come un mezzo, bensì come un’ine-vitabile “ordine delle cose” in cui si sistema quanto avviene all’interno dell’opera. E quello che avviene è generato da elementi anch’essi di estrema valenza simbolica. Il filo, sia esso trasparente o nero, è considerato dalla stessa autrice un riferimento ai legami della vita, e ciò è indubbiamente vero se si considera il filo come portatore di nodi o intrecci, ma lo è ancora di più se esso è preso come simbolo della vita stessa (non occorre tornare ora sulle valenze dei più celebri fili della Tradizione, da quello filato e reciso delle Parche a quello di Arianna). La luce, poi, qui utilizzata con strisce di LED disposte in modo ortogonale o diagonale, diventa elemento vivificatore dei fila-menti e al contempo ordinatore dello spazio – una tela intonsa – su cui agisce. Appare comunque nell’operare di Giorgia Zanuso una razionalità sempre allerta grazie alla quale elementi dalle così alte valenze vengono amministrati con rigore e fermezza.I suoi lavori possono anche essere fruiti al buio, ma in tal caso al loro significato intrinseco si aggiungerebbe quello dato dall’ambiente e da una certa “spettacolarità”, possibile anche se non cercata. Ecco perché essi sono più adatti alla visione a piena luce, in cui ogni elemento appare per quello che è in sé e non per una sinergia con l’ambiente, e il filo si presenta perfetto nel suo essere filo, e la luce non solo fonte di luminosità per uno spazio buio, ma semplicemente – o meglio, “difficilmente” – luce, con tutto ciò che ne consegue. "


Alberto Rigoni

#fondazionezappettini #astratta3

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